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La nuova rubrica del WWF con la chef stellata Antonia Klugmann per scoprire le erbe spontanee stagionali e gustarle a tavola. Sul sito WWF le prime ricette con le erbe spontanee di primavera. Roma, 24 maggio 2023

Cartella – https://www.dropbox.com/sh/v928stqva6pmiwu/AAA31L03MJ-JpI6IjU7qWU-Pa?dl=0.

“Alimurgia” è il termine italiano che indica la scienza che studia l’uso delle piante spontanee commestibili, oggi più comunemente conosciuta con il termine anglosassone “foraging”. Una pratica antica, che consiste nell’esplorazione di aree naturali, boschi ma anche campi incolti e, perché no, il giardino di casa, alla ricerca di erbe spontanee commestibili, vegetali (ma anche muschi, licheni, cortecce, alghe e molto altro). Gesti semplici come passeggiare in campagna raccogliendo erbe e fiori selvatici permettono di sentirci sempre di più connessi con l’ambiente che ci circonda e non solo. Alcuni chef, infatti, hanno basato la filosofia della loro ricerca gastronomica proprio sulle erbe spontanee e sulla riscoperta di una sapienza popolare. Fra questi c’è la chef stellata Antonia Klugmann, che oggi in collaborazione col WWF inaugura la rubrica “Quattro stagioni di natura a tavola”, che attraverso alcune ricette, scritte appositamente dalla chef, permetterà alle persone di tornare in contatto con il mondo selvatico delle piante, riscoprendo specie che passano inosservate durante le nostre passeggiate nelle aree verdi o che spesso addirittura vengono considerate infestanti e quindi diserbate, strappate  via, o calpestate; e informandole sul come raccoglierle e utilizzarle a tavola, per arricchire i propri piatti nel rispetto della natura e degli equilibri dell’ecosistema. La rubrica verrà pubblicata sui canali social della chef Antonia Klugmann e del WWF Italia a partire da oggi per le prossime quattro stagioni e ogni contributo sarà raccolto alla pagina web dedicata all’interno del sito wwf.it. Papaveri, ortiche, borragine, trifoglio e tante altre specie, sono ottimi ingredienti per piatti sfiziosi e contribuiscono ad arricchire e rendere sana, gustosa e sostenibile la nostra dieta. “La cucina che mi ha consentito di indagare il selvatico in un modo privilegiato e per questo le sono grata – afferma la chef e imprenditrice friulana, Antonia Klugmann –. Osservare la bellezza di un prato stabile e i suoi ritmi, l’evidente ricchezza rappresentata dalla biodiversità di un ambiente sano in cui si sia rispettata la ricchezza del suolo e non si sia inquinato, grazie a pratiche agricole sensibili ha cambiato la mia percezione dell’ingrediente negli anni. Spero di riuscire con il mio lavoro a raccontare nei piatti almeno in parte questa bellezza e di ispirare le persone a tutelare e valorizzare qualcosa di molto distante dall’idea tradizionale di lusso, ma di molto più prezioso. Le erbe coltivate, quelle inselvatichite e quelle selvatiche sono il tornasole di un territorio, del clima, della stagione, delle pratiche agricole. Immergersi nelle profondità del gusto delle erbe stagionali fa parte dei piaceri dei cuochi italiani da sempre. La nostra cucina regionale popolare è fortemente condizionata dalle erbe: l’amaro, l’erbaceo, il balsamico sono gusti cardine. Grazie al WWF che mi permette di condividere questo piacere e alcune tecniche che credo possano essere utili a chiunque per un approccio sostenibile e moderno a questo universo.” “La pratica dell’alimurgia ci mette in contatto con la natura e ci consente di approfondire la nostra conoscenza della biodiversità che ci circonda. Inoltre, questa pratica ci permette di ritrovare sapori speciali, lontani da quelli a cui siamo abituati, rispettando l’ambiente e godendo appieno di tutti i benefici per la salute e per la mente che solo la natura ci sa regalare” aggiunge Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità, WWF Italia.

Come si raccolgono le erbe. La raccolta di specie vegetali selvatiche va effettuata con attenzione e nel rispetto della biodiversità, nel modo, nel tempo e nelle quantità giuste, seguendo le indicazioni dettate dai regolamenti regionali, evitando le specie a rischio di estinzione e quelle velenose, senza distruggere il suolo né sradicando l’intera pianta. Possiamo consultare diverse fonti di botanica per fare un confronto visivo e descrittivo sulle specie vegetali, in modo da essere sicuri di quello che raccogliamo.

7 consigli pratici per la raccolta delle erbe:

non raccogliere erbe sui bordi delle strade trafficate, in zone vicine a fonti di inquinamento (canali di scolo, allevamenti animali, discariche, aree industriali, ecc.) o in parchi frequentati da cani o altri animali;

non raccogliere in campi sottoposti a trattamenti chimici di sintesi o con spandimento di fanghi di depurazione e liquami;

non raccogliere niente che non si conosca e nel dubbio, sempre meglio farsi accompagnare da un esperto;

non raccogliere piante malate, con parassiti, o ammuffite;

verificare di non essere in aree dove è vietata la raccolta (es. nelle Riserve Naturali) o di raccogliere specie protette dalle leggi locali. In alcuni casi anche il solo danneggiamento o l’asportazione della cotica erbosa è sanzionato;

raccogliere le piante in modo da lasciarne altre sul posto per garantirne la sopravvivenza, quindi meglio non strappare alla radice ma tagliare solo lo stretto indispensabile lasciando sempre almeno metà delle foglie sulla pianta per non indebolirla troppo così che possa facilmente ricrescere;

pulire scrupolosamente le erbe raccolte che, per la loro stessa natura, esigono sempre un’accurata preparazione, soprattutto se consumate crude.
Clicca QUI e scopri i consigli e le ricette di Antonia Klugmann

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erbe

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Numerosi i casi, in Italia e nel mondo: dal lupo all’orso in Trentino fino al leopardo delle nevi in Asia o al leone e l’elefante in Africa. Solo in Kenya ogni anno vengono uccisi tra i 50 e i 120 elefanti per il conflitto con le comunità locali. Per salvare gli elefanti africani dall’estinzione fino al 21 maggio dona al 45594 con SMS o chiamata da rete fissa: aiuterai il WWF a contrastare la piaga del bracconaggio e a creare un rifugio sicuro per la specie nel cuore dell’Africa.

#soselefante – Roma, 15 maggio 2023 

Cartella – https://www.dropbox.com/sh/llo8d944m29kg0p/AADuEZ5GmAmJLHGjF8Tgaj7Ma?dl=0%20.

Il conflitto con l’uomo rappresenta oggi una delle problematiche che incide maggiormente sulla conservazione di numerose specie selvatiche. Fra queste ci sono il lupo o l’orso bruno delle nostre Alpi, il leopardo delle nevi, la tigre dell’Amur in Asia o i leoni e anche gli elefanti in Africa. Il conflitto si verifica quando la presenza della fauna selvatica pone minacce dirette e ricorrenti, reali o percepite, alle attività economiche e/o all’incolumità umana. In tutto il mondo, il conflitto tra uomo e fauna selvatica porta a una diminuzione della tolleranza delle persone per gli sforzi di conservazione e contribuisce in misura importante ad aumentare i casi di uccisioni illegali, quindi ad alimentare i fattori che portano le specie sulla strada del declino e dell’estinzione. Il conflitto tra uomo e fauna selvatica rappresenta una minaccia significativa per la conservazione, e dovrebbe quindi essere affrontato su una scala pari alla sua importanza. Gli esempi sono molteplici. Alcune specie più di altre entrano in conflitto con l’uomo e le sue attività. Ad influire sulle modalità, cause e conseguenze di questo fenomeno sono il contesto culturale, sociale, economico ed ecologico. Anche se ogni caso fa storia a sé, alla base del conflitto ci sono quasi sempre espansione umana e la scomparsa di habitat e risorse naturali. La rarefazione e frammentazione di habitat naturali e l’espansione di aree cementificate o intensamente sfruttate dal punto di vista agricolo aumenta le occasioni di interazione e di incontro tra animali selvatici e uomo, e “costringe” spesso gli animali a frequentare aree dove trovare risorse fondamentali per la sopravvivenza (acqua e risorse alimentari in primis). Altri fattori antropici come i cambiamenti nell’uso del suolo, la gestione non adeguata del bestiame, l’espansione delle pratiche agricole, il cambiamento climatico, lo sviluppo di infrastrutture e l’urbanizzazione aumentano i potenziali conflitti. Molte specie di grandi carnivori entrano ad esempio in conflitto con gli allevatori predando il bestiame domestico non adeguatamente custodito e protetto. La problematica, pur con alcuni tratti in comune, è differente da contesto a contesto. Ad esempio, l’habitat dei leoni in Africa sta velocemente scomparendo. Ciò si traduce inevitabilmente in una minore disponibilità di prede selvatiche e in una sempre più stretta vicinanza fra leoni e persone. In assenza di interventi e misure di mitigazione, la vicinanza uomo-leone significa aumento dei conflitti e incremento delle predazioni dei leoni sul bestiame delle comunità locali. Con conseguente diminuzione dell’accettazione sociale della specie e aumento proporzionale dei casi di bracconaggio. Problematiche simili in un contesto differente esistono sulla catena himalayana, dove vive il leopardo delle nevi. Ogni anno si stima vengano uccisi tra i 220 e i 450 leopardi delle nevi (quasi una media di uno al giorno) e il 55% di queste uccisioni è dovuto a ritorsioni per la predazione di questo felino sul bestiame. La maggior parte dell’areale del leopardo delle nevi, oggi ridotto dagli effetti del cambiamento climatico, è infatti abitata dalle comunità locali che dipendono economicamente dall’allevamento. ll taglio legale e illegale delle foreste sta riducendo sempre di più i vasti territori in cui la tigre dell’Amur vive e caccia. La diminuzione dell’habitat e delle prede selvatiche spesso costringe le tigri a dirottare le attenzioni verso il bestiame. E questo genera ovviamente conflitti e rappresaglie. I conflitti tra uomo e tigre dell’Amur sono la principale minaccia per questa sottospecie di tigre e sono la causa dell’80% delle morti registrate. Per questo prevenire le predazioni sul bestiame domestico è una priorità per il futuro delle tigri dell’Amur. Anche nel contesto italiano abbiamo esempi concreti in merito. L’espansione del lupo sta riaccendendo conflitti con l’allevamento “dimenticati” nell’ultimo secolo, da quando la specie era andata incontro ad una forte rarefazione a causa della persecuzione umana. Discorso simile si può fare per l’orso bruno sulle Alpi. I recenti casi di cronaca hanno riacceso il dibattito sulla possibilità di coesistenza tra uomo e orso in un contesto fortemente antropizzato come il Trentino. Conflitto con allevatori e apicoltori, ma anche scarsa conoscenza e conseguente difficile accettazione sociale da parte delle comunità locali inaspriscono un conflitto che sarebbe possibile mitigare con la diffusione di corrette conoscenze sulle buone pratiche di coesistenza e delle corrette tecniche di prevenzione dai danni provocati dai plantigradi. Esistono altri numerosi esempi di specie selvatiche la cui salvaguardia entra in conflitto con le attività umane. E per questo occorre lavorare per la diffusione di una corretta conoscenza delle problematiche di conservazione da un lato e delle buone pratiche di mitigazione dei conflitti per costruire una reale e duratura coesistenza uomo-fauna. Adattare e replicare gli sforzi di successo in modo più coordinato a livello globale, tenendo conto delle differenze di contesti e delle esigenze locali, è la strada per raggiungere un adeguato livello di accettazione e coesistenza tra uomo e fauna selvatica.

IL CONFLITTO CON LE COMUNITA’ LOCALI E LE MINACCE PER LA CONSERVAZIONE: IL CASO DELL’ELEFANTE IN AFRICA – Nel continente africano l’aumento della superficie occupata da infrastrutture e campi coltivati ha frammentato e degradato l’habitat di numerose specie selvatiche, nonché ridotto la disponibilità delle loro fonti alimentari. Proprio a causa della riduzione dei loro habitat e del loro cibo naturale, gli elefanti sono stati progressivamente costretti a un contatto più frequente e ravvicinato con i villaggi e le comunità locali con un aumento dei conflitti per lo spazio e le risorse. Le conseguenze vanno dalla razzia dei raccolti (basti pensare che un elefante necessita di 450 chili di cibo al giorno e può distruggere facilmente ettari di campi coltivati in poco tempo) ai danni provocati ai villaggi, fino alla perdita di vite umane. A subire le conseguenze peggiori sono però quasi sempre gli elefanti: sono infatti numerosi gli animali abbattuti ogni anno, tanto dalle autorità preposte alla sicurezza quanto in vere e proprie azioni di “rappresaglia” condotte delle comunità locali esasperate dai danni subiti. Solo in Kenya nel corso dell’anno, vengono uccisi dal personale di controllo della fauna selvatica tra i 50 e i 120 individui. Anche la ricerca di fonti d’acqua, con il riscaldamento globale in atto, sta diventano fonte di conflitti. Gli elefanti spesso sono costretti ad abbeverarsi a fonti utilizzate anche dai villaggi per l’approvvigionamento di acqua potabile.

LE AZIONI DEL WWF E IL SISTEMA SAFE – Negli ultimi anni il WWF sta portando avanti attività volte a mitigare il conflitto uomo-elefante. La creazione di fasce coltivate a tabacco o peperoncino nelle aree limitrofe ai campi agricoli, ad esempio, può rappresentare un’azione deterrente o la dotazione di strumenti per rafforzare le misure di sicurezza dei campi per ridurre i danni provocati delle incursioni. Le misure messe in campo fino ad ora si sono rilevate solo parzialmente sufficienti a far fronte ai conflitti, poiché condotte in maniera non coordinata e, spesso per mancanza di fondi, in maniera incostante. In merito, il WWF ha recentemente sviluppato una nuova metodologia, chiamata SAFE, già testata con successo in aree interessate dai conflitti uomo-fauna selvatica. Questa si basa su un approccio olistico che prevede la messa in sicurezza dell’intero “sistema” costituito da popolazioni locali, fauna selvatica, bestiame domestico e habitat. La metodologia ha come capi saldi l’educazione delle comunità locali e la messa a disposizione di strumenti innovativi e adeguati alla prevenzione dei conflitti. Così facendo i benefici non saranno solo per la fauna selvatica ma anche per le popolazioni, grazie alla messa a punto di una produzione più sostenibile e lo sviluppo di economie locali durature.

Dall’1 al 21 maggio ogni donazione al 45594 con SMS o chiamata da rete fissa, aiuterà il WWF a realizzare studi e monitoraggio delle popolazioni di elefanti, rafforzare il sistema antibracconaggio con attrezzature, tecnologie e formazione ai ranger, ridurre i conflitti con le popolazioni locali tramite il sistema Safe, contribuire alla gestione del Parco Nazionale di Ntokou Pikounda.

DALL’1 AL 21 MAGGIO DONA AL 45594 E AIUTERAI IL WWF A RAFFORZARE I PROGRAMMI DI CONSERVAZIONE PER L’ELEFANTE IN AFRICAAiuta il WWF a salvare questa specie dall’estinzione donando dall’1 al 21 maggio al 45594 con SMS o chiamata da rete fissa per sostenere il progetto “SOS Elefante”. Il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun sms inviato da cellulari Wind Tre, Tim, Vodafone, Iliad, Poste Mobile, Coop Voce e Tiscali oppure dona 5 euro o 10 euro da rete fissa Tim, Vodafone, Wind Tre, Fastweb, Tiscali e Geny Communication e 5 euro per le chiamate da rete fissa TWT, Convergenze e Poste Mobile.

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IL 68% DEGLI ECOSISTEMI ITALIANI È IN PERICOLO MENTRE IL 30% DELLE SPECIE DI VERTEBRATI E IL 25% DELLE SPECIE ANIMALI MARINE RISCHIANO L’ESTINZIONE. Il WWF Italia lancia il nuovo report “Biodiversità Fragile, maneggiare con cura: Status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive” della penisola e rinnova il suo appello: “Urgente mettere in pratica la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030”. Roma, 12 maggio 2023 

Cartella – https://www.dropbox.com/sh/s1hy5pfpx93m6qr/AABS7TXSPWm0KK5Bz3_gXaDna?dl=0.

Link al report – https://www.dropbox.com/sh/4a9cybjr55mqb58/AABhdLMfdloVvkvoHzU9uaW9a?dl=0.

Il declino degli ecosistemi nel mondo ha raggiunto le dimensioni di una vera catastrofe: gli scienziati calcolano che l’impatto del genere umano su tutte le altre forme di vita sia arrivato ad accelerare tra le 100 e le 1.000 volte il tasso di estinzione naturale delle specie, avviando la sesta estinzione di massa. Ci resta un misero 12,5% della foresta atlantica, abbiamo perso più del 50% delle barriere coralline e una vastissima porzione della foresta amazzonica (probabilmente il 20% se non di più) è stata distrutta. Questa crisi di natura è evidente anche in Italia, dove la biodiversità raggiunge valori elevatissimi (contiamo metà delle specie vegetali e circa 1/3 di tutte le specie animali presenti in Europa), ma che con cieca determinazione stiamo erodendo e distruggendo, mettendo a rischio la nostra stessa sicurezza e il nostro benessere. Per parlare di biodiversità d’Italia, il WWF ci chiede di immaginare la nostra penisola come un bicchiere di cristallo: bellissimo e prezioso, pieno di risorse ma terribilmente fragile. L’Associazione del Panda, oggi alle 15.00 durante la giornata di apertura del Forum dei volontari WWF al teatro comunale di Caserta (12-14 maggio) e in vista della Giornata Mondiale della Biodiversità (22 maggio), presenta il nuovo report “Biodiversità Fragile, maneggiare con cura: Status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive” dove mette in luce – a partire dalle informazioni, le banche dati, gli studi disponibili ad oggi – lo stato complessivo della biodiversità in Italia, evidenziando le minacce ma anche le migliori soluzioni che oggi abbiamo a disposizione per invertire il trend e aderire ad un percorso di restauro e conservazione della biodiversità che oggi il mondo e l’Europa ci chiedono.

I segnali della fragilità. Dalle Liste Rosse nazionali della flora dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) emerge che, in Italia circa l’89% degli habitat di interesse comunitario si trova in uno stato di conservazione sfavorevole. Dei 43 habitat forestali italiani, ad esempio, 5 hanno uno stato di conservazione “criticamente minacciato” e 12 “in pericolo”.  Il 68% degli ecosistemi italiani si trova in pericolo, il 35% in pericolo critico. Il 100% degli ecosistemi è a rischio nell’ecoregione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica.

Il 57% dei fiumi e l’80% dei laghi si trova in uno stato ecologico non buono. E i dati sullo stato di conservazione delle specie non sono meno allarmanti: il 30% delle specie di animali vertebrati e il 25% delle specie animali marine del Mediterraneo sono a rischio estinzione.

Scarica QUI le infografichehttps://www.dropbox.com/sh/gavizqv3jhelqa1/AADDvXEtKbl_I6VvSd1tNsIda?dl=0.

Le minacce per la biodiversità e gli effetti della crisi idrica. Oltre alle pressioni dirette su specie, habitat ed ecosistemi, esercitate attraverso l’inesauribile richiesta di risorse naturali operata dalle società, esistono anche altre forze che agiscono indirettamente senza degradare o distruggere l’ambiente, ma ostacolando e rallentando la risoluzione dei problemi. Si tratta, ad esempio, della cosiddetta governance ambientale (si pensi solo alla regolamentazione dello sfruttamento della risorsa idrica), inadeguata rispetto alla complessità dei problemi ed ostacolata da investimenti limitati, nonché dalla resistenza di soggetti con interessi politici o economici a breve termine, con scarsa attenzione alla tutela della biodiversità, alle comunità più deboli ed esposte e alle generazioni future. Tra i fattori alla base della perdita di biodiversità c’è anche il cambiamento climatico, processo profondamente interconnesso all’estinzione delle specie. La perdita di biodiversità influenza il clima, soprattutto attraverso l’impatto sull’azoto, il carbonio e sul ciclo dell’acqua. A sua volta il cambiamento climatico influenza la biodiversità attraverso fenomeni come l’aumento della temperatura e la riduzione delle precipitazioni. Queste si manifestano ormai sempre più spesso come piogge torrenziali, causa di frane e alluvioni disastrose. Altro effetto della crisi climatica è l’innalzamento del livello del mare. Sono 21.500 i km quadrati di suolo italiano cementificato, mentre si calcolano oltre 1.150 km2 di suolo consumati in 15 anni, una superficie quasi corrispondente a quella di una città come Roma, mentre nel Mediterraneo le temperature stanno aumentando il 20% più velocemente rispetto alla media globale. Poi ci sono le specie aliene invasive, identificate da alcuni studi come la seconda principale minaccia alla biodiversità globale, che ha contribuito in modo determinate al 54% delle estinzioni delle specie animali conosciute, tramite predazione su specie autoctone o competizione per le risorse (es. cibo, luoghi di riproduzione). Attualmente, si stima che in Italia ci siano intorno a 3.000 specie aliene, con un incremento del 96% negli ultimi 30 anni. La perdita di natura non rappresenta solo una minaccia di per sé, ma mette a rischio sistemi che ci garantiscono la vita, primo fra tutti quello che regge l’equilibrio della crisi idrica. A causa del riscaldamento globale in atto, la disponibilità media annua di acqua si potrebbe ridurre da un minimo del 10% entro il 2030 ad un massimo del 40% entro il 2100, con picchi fino al 90% per l’Italia meridionale. Il ciclo perverso della crisi idrica provoca effetti sulla biodiversità con l’estinzione (già in atto) di molte specie, perdita delle zone umide, l’incremento di parassiti e patologie, della frequenza e intensità degli incendi forestali. Gli effetti sulle persone, oltre alla riduzione delle disponibilità di acqua, saranno l’incremento dell’erosione del suolo e la riduzione della fertilità dei terreni agricoli.

Le soluzioni. Il report WWF lancia anche un appello: è necessario di intervenire in maniera concreta mettendo immediatamente in pratica la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030, che prevede che almeno il 30% delle specie e degli habitat di interesse comunitario il cui stato di conservazione non è soddisfacente, lo raggiungano entro il 2030. La strategia prevede anche che gli ecosistemi vengano tutelati attraverso l’incremento della superficie protetta al 30% del territorio terrestre e marino e che il 30% degli ecosistemi attualmente degradati vengano ripristinati. Per ogni ambiente da tutelare il report WWF approfondisce le soluzioni da mettere in atto: dal recupero e ripristino delle zone umide, al potenziamento della rete di monitoraggio delle acque interne superficiali e sotterranee; dalla necessità di un Piano di Adattamento alla crisi climatica, promuovendo le Nature Based Solutions, alla gestione forestale; dalla drastica riduzione dell’uso dei pesticidi in agricoltura, fino all’ampliamento delle superficie marina protetta. Oggi più che mai è importantissima l’attivazione di tutti, a partire dalla società civile, per strappare la crisi dei sistemi naturali da quel cono d’ombra che impedisce ai cittadini di capire la portata di quello che sta succedendo e alle istituzioni di agire riconoscendo alla natura la priorità che ha, di fatto, nel presente e nel futuro.

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GIORNATA MONDIALE UCCELLI MIGRATORI 2023, WWF: L’IMPORTANZA DELL’ACQUA PER LA LORO SOPRAVVIVENZA. Decine di eventi per celebrarla nelle Oasi WWF durante le aperture straordinarie delle Giornate delle Oasi. Roma, 10 maggio 2023 

Cartella – https://www.dropbox.com/sh/hfa8cw3y19pvq1x/AAA5hFPOErIxfuK6sWJlEIFKa?dl=0.

La Giornata Mondiale degli Uccelli Migratori compie 18 anni. Lanciata nell’ambito della Convenzione di Bonn sulla conservazione delle specie di animali selvatici migratori, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della conservazione degli uccelli migratori e del loro habitat, l’edizione 2023 si focalizza sull’importanza dell’acqua come risorsa essenziale per la loro sopravvivenza lungo i tragitti di migliaia di chilometri che centinaia di specie compiono dai siti di riproduzione a quelli di svernamento e viceversa: un’impresa epica, compiuta sia da grandi sorvolatori che da specie di pochi grammi di peso, tra mille difficoltà naturali a cui si sommano quelle ben più ardue legate all’uomo: caccia e bracconaggio (ancora diffuso nel nostro Paese, come documentato dal progetto LIFE Swipe), inquinamento da pesticidi, da piombo, ma anche luminoso e acustico; infrastrutture, e cambiamento climatico, che sta causando un anticipo di 10-20 giorni nelle date di partenza di molte specie migratrici. E proprio il cambiamento climatico, che ormai alterna anche nel nostro Paese periodi di prolungata siccità ad improvvise inondazioni, ci ricorda come l’acqua sia un bene fondamentale anche per la nostra specie, da tutelare al meglio a beneficio di tutti. A partire da fiumi, laghi, paludi, stagni, lanche, falde, risorgive, lagune: tutti gli elementi essenziali del “sistema vascolare” che sostenta tanto noi quanto le specie migratrici. E per ricordarne l’importanza anche quest’anno il WWF, in occasione delle Giornate delle Oasi 2023, organizza decine di eventi per il grande pubblico.

In Lombardia, il 13 maggio si potrà scoprire la bellezza e l’importanza di ambienti ricchi d’acqua a pochi passi da Milano nell’Oasi di Levadina, mentre il 21 il WWF Insubria organizza un’escursione per scoprire l’Oasi WWF del Bassone – Torbiere di Albate (CO) e i suoi stagni, relitti di un’antica torbiera. Il 28 Maggio, presso l’Oasi WWF di Valpredina, esperti ornitologi illustreranno i risultati del lavoro di monitoraggio biennale della migrazione primaverile di rapaci ed altre specie ornitiche in transito nei cieli della zona speciale di conservazione (ZSC) Valpredina – Misma.

In Veneto, il 21 maggio si potranno visitare le Oasi di Cave di Noale (VE), dove cave abbandonate sono state trasformate in un paradiso per gli uccelli acquatici, e l’Oasi della Bora (VR), dove i fiumi e le risorgive che la delimitano danno ospitalità a decine di specie, tra cui il coloratissimo martin pescatore.

In Emilia-Romagna, l’Oasi Fluviale del Molino Grande (BO), pur colpita con forza dalla recente alluvione, apre le sue porte sabato 13 maggio in un’occasione speciale, alla scoperta dell’Oasi e della sua incredibile biodiversità. Domenica 14 maggio, invece si celebrerà la Giornata Mondiale degli Uccelli Migratori con una passeggiata sul crinale tra la Val Taro e la Val Ceno, scrutando i cieli armati di binocoli, cannocchiali e la famosa app iNaturalist, l’applicazione che permette di scoprire la biodiversità.

In Umbria, all’Oasi di Alviano (TR), il 21 maggio si potrà partecipare ad un laboratorio per famiglie. La vita in una goccia d’acqua” per far scoprire la meraviglia del micromondo delle zone umide e la sua importanza nell’equilibrio dell’ecosistema.

In Abruzzo, all’Oasi Lago di Penne (PE) giovedì 11 maggio i partecipanti potranno vivere un’esperienza unica, esplorando il Lago a bordo di una canoa canadese, mentre il 21 maggio sarà la volta dell’Oasi di Serranella (CH), che apre le sue porte per una giornata piena di visite guidate lungo il percorso del greto del fiume che dà vita all’omonimo lago.

In Campania, sempre il 21 maggio si festeggeranno i 20 anni dell’Oasi di Campolattaro (BN) alla scoperta dell’omonimo lago e dei suoi abitanti. 

Policoro, in Basilicata, (MT) il 14 maggio si potrà diventare birdwatcher per un giorno insieme agli esperti dell’Oasi. 

In Sicilia, il 13 maggio si potrà scoprire l’avifauna migratrice presso l’Oasi di Capo Rama (PA), con attività di citizen science per grandi e bambini, mentre il 28 maggio sarà la volta dell’Oasi di Lago Preola e Gorghi Tondi, zona di importanza internazionale per l’avifauna migratrice.

Scopri tutti gli eventi nella pagina del sito WWF – https://www.wwf.it/cosa-facciamo/eventi/giornata-delle-oasi/.

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12 MAGGIO 2023, ORE 15 – 18 AL TEATRO COMUNALE DI CASERTA, VIA GIUSEPPE MAZZINI, 71. AMBIENTE: IL 12 MAGGIO A CASERTA IL FORUM DEI VOLONTARI WWF. Sarà presentato il Report WWF Report “Biodiversità fragile: maneggiare con cura. Status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive” – Roma, 9 maggio 2023 

Venerdì 12 maggio a Caserta partono i lavori del Forum dei Volontari WWF, una due giorni di dibattiti, incontri e confronto di esperienze tra chi quotidianamente è impegnato nella difesa della natura e della biodiversità del nostro Paese. La giornata iniziale sarà caratterizzata dalla presentazione del Report “Biodiversità fragile, maneggiare con cura”, un’analisi puntuale sullo stato di salute, sulle tendenze, le minacce e le soluzioni per costruire un futuro nature positive. L’APPUNTAMENTO PER I GIORNALISTI È VENERDI’ 12 MAGGIO AL TEATRO COMUNALE DI CASERTA, VIA GIUSEPPE MAZZINI 71 ALLE 15:00. Ad aprire i della prima sessione dei lavori alle ore 15,00 sarà il presidente del WWF Luciano Di Tizio che introdurrà e modererà la giornata. A seguire i saluti di Virginijus Sinkevičius, Commissario Europeo Ambiente Oceani e Pesca (video messaggio), di Claudio Barbaro, Sottosegretario di Stato Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Fulvio Bonavitacola, Vicepresidente della Regione Campania, Carlo Marino, Sindaco di Caserta e di Leonardo Ancona, Responsabile Servizio Tutela e valorizzazione del Bosco di San Silvestro e dell’Acquedotto Carolino. Alle 16,15 la Direttrice del Programma Conservazione del WWF Isabella Pratesi presenterà il Report “Biodiversità fragile, maneggiare con cura”. Alla presentazione del Report seguirà un panel di discussione al quale parteciperanno il Gen. B. Ciro Lungo, Comandante della Regione Carabinieri Forestale Campania, Amm. Isp. (CP) Pietro G. Vella, Direttore marittimo Campania e Comandante del Porto di Napoli, Luciano Pirovano, Global Sustainable Development Director – Bolton Food, Annalisa Corrado, Responsabile Attività tecniche Kyoto Club, Amm. Antonio Politi, Consigliere Nazionale ANMI per la Campania. Si chiede gentilmente di confermare la propria presenza all’Ufficio Stampa del WWF (contatti in calce).

Lucio Biancatelli Press Office – Mail l.biancatelli@wwf.it – Mob. +39329.8315718

Giulia Ciarlariello Press Office – Mail g.ciarlariello@wwf.it – Mob. +39334.6151811

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